Mancava solamente “La bambola assassina” nella galleria infinita di reboot che Hollywood sta dedicando all'horror anni 70 e 80. Il film del 1988 diretto da Tom Holland era costruito su una premessa piuttosto semplice: un serial killer stregone (Brad Dourif, che poi avrebbe prestato la sua voce alla bambola in tutti i sequel) viene ucciso dalla polizia...ma la sua anima prende possesso di una bambola che arriva in commercio e sconvolge la vita di una famiglia. Il film ebbe un successo tale da produrre ben sette sequel (l'ultimo dei quali, “Il culto di Chucky” è del 2017) ed il padre di tale saga è lo sceneggiatore Don Mancini il quale, dopo 31 anni, viene estromesso dalla Metro Golden Meyer in favore di Tyler Burton Smith e del regista Lars Klevberg. Comunemente questo sarebbe un segnale negativo, invece “La bambola assassina” 2019 si rivela essere uno dei remake più intelligenti e funzionali degli ultimi anni. Il film di Klevberg cambia radicalmente le origini della bambola annullando il discorso della possessione demoniaca: Chucky è qui un pupazzo della linea Buddi, dotato di una sofisticata intelligenza artificiale, in grado di controllare – collegandovisi – l’app della Kaslan, immaginaria azienda leader nel settore informatico e caricata sulla maggior parte dei dispositivi digitali in circolazione. Senza dimenticare un certo grado di ironia e di splatter, la sceneggiatura guarda a “Black Mirror” e ai pericoli nascosti dietro elle nuove tecnologie. Divertente e dinamico: un bella sorpresa.
VOTO: 7
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